Le eruzioni vulcaniche sono fra i fenomeni più spettacolari e allo stesso tempo catastrofici che avvengono sul nostro fantastico pianeta. Oltre a rappresentare una forza distruttiva, sono anche motori di rinnovamento e regolatori naturali del sistema Terra; a fronte delle distruzioni, la biodiversità poi spesso rinasce più ricca e complessa, approfittando dei nuovi habitat creati da lave, ceneri e suoli rigenerati.
Fra le eruzioni storiche, che hanno lasciato il segno sia come cronaca sia nei dati di temperature globali, c’è l’eruzione del vulcano Pinatubo. Era il 1991, quella montagna era quiescente da secoli e nulla lasciava prevedere quanto successe.
Il vulcano Pinatubo è uno stratovulcano che si trova nell’arcipelago delle Filippine, sull’isola di Luzon, a 90 km dalla capitale Manila. Fa parte di un arco vulcanico originato da fenomeni di subduzione, in un’area composta da varie micro-placche in movimento rispetto alla placca Eurasiatica, fra cui quella del Mar delle Filippine. Nella sua storia geologica si distengono, secondo l’INGV, due fasi di forte attività, una risalente a 1.1 milioni di anni fa e una seconda che avvenne 35000 anni fa, iniziata dopo millenni di riposo.
Nel 1991 era in quiescenza da almeno 500 anni e dalle foto d’epoca appariva come uno dei tanti vulcani ritenuti spenti. La sua storia assomiglia molto con quanto successe al Vesuvio nel 79 d.c., e anche l’eruzione che ne seguì ha molte analogie con la catastrofica eruzione che distrusse Pompei ed Ercolano.
Ai piedi del Pinatubo era presente una base aerea americana, così quella eruzione fu documentata e studiata veramente in dettaglio, con coinvolgimento dell’USGS, il servizio geologico degli Stati Uniti. Da 15 marzo 1991 gli abitanti dei villaggi ai piedi del vulcano iniziarono ad avvertire ripetutamente scosse sismiche, ma non si notavano rilasci di gas o cenere.
Il 2 aprile l’attività aumentò e si ebbe una prima esplosione freatica. Ai primi di aprile PHIVOLCS, il servizio sismico delle Filippine installò stazioni sismiche mobili sulle pendici del vulcano. A fine mese, nonostante vi fossero dubbi sull’origine delle scosse, le autorità decisero precauzionalmente di evacuare i villaggi entro 10 km dal vulcano.
Nel mese di maggio fu coinvolto in pieno anche l’USGS; il quadro iniziò a farsi preoccupante, per il rilascio di anidride solforosa. Il magma era infatti ormai in risalita, e premeva sui fianchi del vulcano.
All'inizio di giugno 1991, le emissioni di anidride solforosa (SO₂) calarono bruscamente, pochi lo sanno ma questo è un segnale precursore di una imminente eruzione. Il 5 giugno fu emesso un livello di allerta 3, preannunciando una possibile grande eruzione. Fu evacuata la base aerea USA e altre zone in un raggio di 50 km dal vulcano.
Il 10 giugno, le emissioni di SO₂ schizzarono di colpo a oltre 13.000 tonnellate/giorno.
I flussi piroclastici devastarono le valli circostanti. In serata, una serie di forti terremoti tra magnitudo 4.3 e 5.7 accompagnò il collasso parziale della sommità del vulcano, con la formazione di una caldera larga 2,5 km. L’eruzione si concluse intorno alle 22:30 del 15 giugno 1991. Attività minori proseguirono fino a settembre, poi il Pinatubo ha avuto solo attività minori e non ha più prodotto eruzioni significative.
Si contarono purtroppo 800-1000 vittime, , 100000 case distrutte, circa 200000 sfollati di cui 14500 nella base USA di Clark. Tuttavia poteva andare peggio. l’eruzione del Pinatubo del 1991 infatti è considerata un esempio virtuoso di gestione dell’emergenza vulcanica, uno dei primi casi di monitoraggio e allerta dettagliata. Grazie al monitoraggio scientifico e a una comunicazione del rischio chiara e tempestiva, fu possibile evacuare circa 65.000 persone, evitando un bilancio ben più tragico.
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1. A Truck flees from the pyroclastic flows spewing from the Mt.Pinatubo volcano in the Philippines, 1991. pic.twitter.com/hD44hXGbdi
Quella del Pinatubo infatti è considerata la seconda più intensa eruzione vulcanica del XX secolo, di grado VI su VII della scala VEI (Volcanic Explosivity Index).
Dal punto di vista climatico, causò un rallentamento dell’aumento delle temperature globali che già allora cominciava ad emergere. Per due anni le temperature della terra subirono un raffreddamento di circa mezzo grado centigrado.
Fu quantificato per la prima volta grazie anche ai nuovi satelliti il rilascio di SO2, 15 milione di tonnellate nel giugno 1991. Nonostante questo, il global warming poi è avanzato inesorabile, prova che non possiamo contare su una opposta catastrofe globale per fermare i cambiamenti climatici, ma dobbiamo agire invece con la transizione energetica a fonti rinnovabili.